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In crisi le start up del commercio in provincia di Prato: -10% in tre anni

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PRATO – È emergenza per le startup del commercio in provincia di Prato: lo dice l’ultimo studio di Confcommercio, che si è fatta promotrice di una ricerca basata su un’elaborazione di dati estratti dalla Camera di Commercio di Pistoia e Prato. Un quadro che certifica come il calo delle nuove imprese iscritte non sia affatto una percezione, quanto una realtà che minaccia di peggiorare ulteriormente nel corso del 2024. 

La situazione legata alle nuove aperture è di generalizzata sofferenza. Guardando alla totalità delle nuove imprese iscritte nella provincia di Prato, tra agricoltura, industria, costruzioni, commercio, servizi e altre attività, emerge un calo complessivo: se nel 2021 erano state 2.09 e nel 2022 erano arrivate ad essere 2.189, nel 2023 sono diventate 1899, circa il 10% in meno.
Un quadro all’interno del quale il settore che denuncia la maggiore sofferenza resta il commercio. Tenendo conto delle categorie che lo compongono (all’ingrosso, al dettaglio, quello di autoveicoli e motocicli) emerge come nel 2021 le nuove iscrizioni siano state 507, mentre l’anno seguente, nel 2022, erano 457. Infine, nel 2023, le startup sono state 462, evidenziando un tiepido segnale di ripresa.
“È stato – commenta il direttore di Confcommercio, Tiziano Tempestini – evidentemente un periodo di contrazione che apre a riflessioni preoccupanti in termini di invecchiamento della base imprenditoriale e di potenziale rischio desertificazione”.
“Il primo rilievo che possiamo fare è che manca, evidentemente, la propensione a fare impresa. Dobbiamo quindi sforzarci ad ogni livello, istituzionale, associativo e privato, per favorire le migliori condizioni affinché nuove aziende possano nascere sul territorio, cominciando a incidere già dai percorsi formativi, nelle scuole. È necessario che i giovani acquisiscano maggiore consapevolezza del ruolo che gli imprenditori assumono nella società e delle opportunità ad esso connesse. Inoltre, si rende necessario incentivare questi percorsi attraverso misure di sostegno finanziario impattanti, da parte delle istituzioni preposte”.
“Anche perché, se non nascono nuovi imprenditori, è un problema per tutti. Se il tessuto commerciale, per parlare di quello che più da vicino ci coinvolge, mostra segnali di cedimento – prosegue Tempestini – le conseguenze si riverberano poi su tutti gli altri contesti, a partire dalla residenzialità, passando per la socialità, la sicurezza e la capacità di un territorio di manifestarsi attrattivo. È chiaro, quindi, come serva favorire un’inversione di tendenza in tempi congrui, per evitare che le città si spopolino di attività commerciali, finendo per perdere la loro identità e la loro capacità di generare benessere sia per chi le vive ogni giorno, che per chi le frequenta di passaggio“.

© Riproduzione riservata

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