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Condannati al maxirisarcimento gli organizzatori della gara in cui morì il ciclista Giovanni Iannelli

Il giovane 22enne, promessa del ciclismo pratese, deceduto dopo due giorni di coma nel 2019. Il padre Carlo, avvocato, non ha mai smesso di lottare per avere giustizia

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PRATO – Condanna in primo grado dal tribunale civile di Alessandria per la morte di Giovanni Iannelli, il ciclista di 22 anni che ha perso la vita dopo due giorni di coma in ospedale per una caduta il 7 ottobre del 2019 a Molino dei Torti, in provincia di Alessandria, durante l’87esima edizione del Circuito Molinese.

Gli organizzatori dovranno risarcire la famiglia di 1.1 milioni di euro. 

Dal giorno della morte in ospedale della giovane promessa del ciclismo pratese il padre, Carlo Iannelli, avvocato, si batte senza sosta per avere giustizia per suo figlio. Sempre puntando il dito. Sempre con accuse ben precise.

“Questa sentenza – dice Carlo Iannelli – costituisce una pietra miliare per la sicurezza dei corridori di ogni età, di ogni categoria, di oggi e di domani. La sentenza civile emessa dal giudice del tribunale di Alessandria in un certo qual modo mi fa ancora più male poiché stabilisce che la morte di mio Figlio Giovanni doveva e poteva essere evitata, che Giovanni è stato ammazzato. Inoltre, rimangono ancora tanti aspetti oscuri ed inquietanti di questa vicenda orrenda, disumana ed agghiacciante che devono essere chiariti in sede giudiziaria affinché coloro che si sono adoperati con le menzogne, con i depistaggi per coprire, per insabbiare l’omicidio di un ragazzo innocente di 22 anni vengano giustamente puniti. Per il bene di tutti”.

“Al sottoscritto, alla mia famiglia questa sentenza non interessa – conclude – non è mai interessata. Avviai la causa civile come moto di reazione alle umiliazioni che la Federciclismo stava infliggendo a mio figlio Giovanni. Al sottoscritto in particolare interessava ed interessa che venga celebrato un giusto processo per accertare la verità ed assicurare davvero la giustizia per la morte di mio figlio Giovanni. Affinché questa morte ingiusta ed evitabile serva a concentrare l’attenzione sul tema troppo spesso ignorato della sicurezza alle corse ciclistiche, serva ad evitare altri corridori morti a 144 metri dalla linea di arrivo. Affinché la vicenda giudiziaria di mio figlio Giovanni serva a fare un po’ di pulizia in questo paese”.

 

 

 

© Riproduzione riservata

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