PRATO – Palazzo Pretorio celebra 10 anni, nuova sala per i capolavori.
Palazzo Pretorio celebra 10 anni, il Museo Civico di Prato festeggia inaugurando una nuova sala con 17 opere del ‘400 e ‘500 sempre conservate nei depositi ‘Dai depositi al museo: dipinti del Quattrocento e del Cinquecento’.
Dieci anni dalla cerimonia ufficiale di inaugurazione del Museo del Palazzo Pretorio di Prato che aprì il 12 aprile 2014, dopo un complesso restauro del Palazzo, iniziato nel 1998, data in cui venne chiuso, sede dal 1912 del Museo Civico.
Per il decennale programma di eventi, conferenze, performance, danza, laboratori, musica, incontri a tema e attività, rivolte a pubblici diversi.
Matteo Biffoni, sindaco di Prato: “Festeggiamo i 10 anni dall’apertura del Museo di Palazzo Pretorio con la presentazione di una nuova sala, a dimostrazione che il Pretorio non è mai rimasto fermo: mostre, nuove sale, linguaggi inclusivi, un polo culturale autism friendly, sono la testimonianza di come l’arte sia capace di coinvolgere tutti con la sua bellezza e la sua capacità di comunicare. Da oggi al primo piano si potranno ammirare opere del ‘400 e ‘500 provenienti dai depositi, grazie alla volontà di investire per valorizzare il patrimonio esistente“.
Il percorso espositivo così si amplia con un nucleo di maestri del Quattrocento che documentano il clima culturale che si riflette nelle tante botteghe attive a Firenze e nelle periferie. E con la preziosa raccolta di Sacre Famiglie e di Madonne con Bambino del secolo XVI composta da dieci dipinti.
La nuova sala rientra in un progetto di ampliamento dell’offerta museale che vedrà a breve altri due spazi dedicati. Si tratta di ‘Prato prima di Prato’ con reperti archeologici provenienti dal territorio e dalla vicina area di Gonfienti, sede di un insediamento etrusco del VI secolo avanti Cristo, arricchito anche da contenuti multimediali. E il Museo del Risorgimento, con una raccolta di cimeli dell’antico Museo del Risorgimento che dai primi del Novecento fu allestito nel Pretorio e ancora conservati nei depositi.
Un Museo Civico di primissimo piano quello di Prato che vanta direttore, prima della chiusura del 1998, Alessandro Pasquini, storico colto, lungimirante, di grande sensibilità, scomparso prematuramente.
Simone Mangani, assessore alla cultura del Comune di Prato: “In questi dieci anni, il Museo civico di Palazzo Pretorio è diventato un punto di riferimento nel panorama non solo toscano. Un lavoro costante, in prima fila la direttrice Rita Iacopino, tutto lo staff ed il Comitato scientifico, ha consentito di intrecciare relazioni e consolidare ed arricchire un patrimonio inestimabile. La scelta dell’amministrazione di ampliare il percorso della Collezione recupera l’idea del progetto di Gae Aulenti e Bianca Ballestrero e restituisce con ancora maggiore aderenza la storia non solo artistica del nostro territorio“.
Questi allestimenti si aggiungono al recente percorso parallelo multisensoriale arricchito di contenuti interattivi, opere da toccare e da ascoltare, guide nella lingua dei segni, nuovi device multimediali.
Dunque, sottolinea Palazzo Pretorio, per rendere il patrimonio sempre più fruibile, al percorso espositivo si aggiungono diciassette dipinti fino ad ora conservati nei depositi del Museo di Palazzo Pretorio.
Rita Iacopino,direttrice del Museo di Palazzo Pretorio: “Consapevoli che un museo debba essere aperto e fruibile, proponiamo questa scelta di tele e tavole dipinte nella convinzione che tutto il patrimonio conservato debba essere sempre più visibile e accessibile. Molte delle opere presentate non hanno attribuzioni certe o sono state realizzate da maestri poco conosciuti: facendole uscire dalla penombra dei depositi, le mettiamo a disposizione di studiosi e di ricercatori che possano concorrere a svelarne la loro storia. Questa sala diventa dunque un luogo di studio, aperto a tutti“
Come illustra Palazzo Pretorio, il nucleo di dipinti di maestri del Quattrocento apre uno spaccato su nomi meno noti, ma protagonisti di quella temperie culturale animata dalle tante botteghe che soprattutto a Firenze contribuiscono allo sviluppo di temi e modi stilistici derivati dagli artisti più importanti. Gli scambi tra botteghe maggiori e botteghe minori che lavorano in prossimità e che condividono spesso fornitori e committenti concorrono a diffondere e a ripetere modelli, ma anche ad aggiornare stile e tecnica e a tramandare le professionalità.
Questo il clima narrato dalle bellissime tavole dipinte, pensate soprattutto per la devozione privata in cui accanto ad attribuzioni consolidate emergono le incertezze su nomi che ripetono caratteristiche e particolari riconducibili, più che a un autore, a una bottega o a un ambito di influenza. Solo Tommaso di Piero Trombetto, grazie a studi che ne hanno ricostruito l’iter artistico, è un pittore documentato a Prato: a lui e alla sua bottega si deve il perdurare del linguaggio di Filippino Lippi nel territorio pratese con accenti popolari e di semplificazione dei temi, che si traducono in un linguaggio facilmente comprensibile. Il bel tondo con la Madonna con Bambino esemplifica il ritardo di questo linguaggio ancora fortemente legato alla traduzione di modelli quattrocenteschi a confronto con le Sacre famiglie qui esposte che – di poco successive – parlano già un linguaggio cinquecentesco.
La piccola raccolta di Sacre Famiglie e di Madonne con Bambino del secolo XVI è composta da dieci dipinti: la bellezza e la vivacità artistica delle composizioni fa emergere la ricchezza della terra di Prato, in cui, all’ombra della grande Firenze, si cimentano personalità meno note che dalla capitale medicea si irradiano nelle periferie, rielaborando un linguaggio condizionato dalla cultura artistica dominante. Come già nel Quattrocento, modelli di dipinti dei maestri famosi si propagano anche nel Cinquecento, diffondendo repliche di opere spesso su esplicita richiesta del committente.
I modelli sono quelli di Raffaello e soprattutto di Andrea del Sarto, considerato l’artista più copiato nel panorama artistico del periodo al quale Vasari riconosce il primato dell’invenzione, del disegno e del colorire e che Filippo Baldinucci considera “il miglior pittore che abbia avuto la Toscana”. Si copia per studio o per inganno, ma nelle versioni qui esposte, di tipo “interpretativo”, prevale l’esercizio di omaggio al maestro, reinterpretando – in modo talvolta veramente originale – modelli di opere in quel tempo visibili a Firenze o conosciute attraverso i disegni preparatori.
L’abbondanza di questi esemplari, alcuni dei quali provenienti dall’Ospedale della Misericordia e Dolce, testimonia una cultura periferica, ma non per questo meno attenta al sentire contemporaneo, in cui prevalgono quelle istanze devote che prima con Fra’ Bartolomeo e poco dopo con Andrea del Sarto segnano la cultura artistica pratese dominata da Pierfrancesco Riccio, maggiordomo e segretario di Cosimo I de’ Medici, collegato all’ambiente fiorentino riformato e protettore di artisti quali Zanobi Poggini e Giorgio Vasari, nonché benefattore dell’Ospedale della Misericordia.
Il restauro di gran parte delle opere esposte in questa sala è stato sostenuto dal Lions Club Prato Castello dell’Imperatore e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato.