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Smart working e telelavoro, modi di lavorare a confronto

Molti ritengono che lo smart working ed il telelavoro siano la stessa cosa. In realtà, nonostante abbiano, come vedremo, alcuni tratti in comune, si tratta di due metodi di lavoro distinti e disciplinati da normative diverse.

Ma procediamo con ordine e partiamo proprio dalle definizioni e dalla normativa di riferimento.

Lo smart working, è una modalità di lavoro “caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro“.

Esso è disciplinato dal legge n. 81/2017.

Il termine inglese ‘smart’ si riferisce all’obiettivo perseguito da tale prestazione lavorativa: migliorare produttività del lavoratore grazie alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Mentre, il telelavoro è nato negli Stati Uniti intorno agli anni ’70 e ha mantenuto le stesse modalità di allora: si basa sull’idea che il dipendente possa fornire la stessa prestazione, dislocato dall’azienda, ma senza troppa flessibilità.

Il telelavoro dunque è una modalità operativa più rigida, che offre meno libertà di organizzazione.

Esso è disciplinato dall’accordo interconfederale del 9.6.2004 e dai contratti collettivi.

Telelavoro e lavoro da casa sono sinonimi, in quanto il dipendente non più scegliere dove svolgere le sue attività.

A) Punti in comune tra smart working e telelavoro:

  • il lavoro viene svolto a distanza, fuori dagli ambienti aziendali, utilizzando tecnologie informatiche;
  • dipendenti e datore di lavoro devono firmare un accordo scritto per il corretto svolgimento del rapporto di lavoro. Sia lo smart working che il telelavoro non sono imposti dal datore di lavoro, ma devono essere svolti su base volontaria. Per l’effetto, il rifiuto da parte del lavoratore già assunto di adottare il telelavoro oppure lo smart working non può costituire motivo di licenziamento oppure di adozione di sanzioni disciplinari;
  • il predetto accordo scritto può essere sottoscritto sia a termine che a tempo indeterminato. Ed in quest’ultima ipotesi è prevista la facoltà di recesso da parte sia del datore di lavoro che del lavoratore;
  • sussiste la responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza;
  • entrambi presentano una serie di vantaggi, il più significativo è quello di poter adottare un approccio lavorativo che permetta al lavoratore di conciliare vita lavorativa e famigliare;
  • entrambi presuppongo la dotazione di strumenti (pc, tablet, smartphone, connessione ad internet) che permettano di lavorare da remoto;
  • è riconosciuto un trattamento economico e normativo paritario tra chi lavora da remoto e chi svolge la prestazione lavorativa all’interno dell’azienda;
  • permane il potere di controllo del datore di lavoro in ordine all’esecuzione dell’attività lavorativa;
  • sono entrambe modalità che possono essere adottata sia dalla pubblica amministrazione che dai datori di lavoro privati;

B) Differenze tra smart working e telelavoro:

  • Lo smart working svincola il dipendente dal luogo di lavoro e perciò può essere svolto ovunque.

Rispetto al telelavoro ove è previsto che il lavoratore svolga regolarmente l’attività lavorativa presso il proprio domicilio o, comunque, al di fuori dei locali aziendali, nello smart working, il lavoratore è tenuto a svolgere il lavoro in forma mista, ovvero sia in modalità agile che in sede.

Lo smart working consente di lavorare entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. Quindi, le ore che il lavoratore trascorre a lavorare non devono coincidere per forza con quelli dell’ufficio.

Il lavoratore può organizzare l’attività lavorativa per fasi, cicli e obiettivi.

  • Nel caso del telelavoro, invece, il lavoratore deve stare in casa perché così prevede la normativa.

Inoltre, il lavoratore è vincolato dalle stesse regole e orari dell’ufficio.

E’ previsto altresì che il datore di lavoro effettui delle ispezioni per assicurarsi che le attività avvengano in sicurezza e nel luogo prestabilito.

Le attrezzature così come le informazioni per il corretto svolgimento dell’attività lavorativa sono fornite dal datore di lavoro che mantiene le medesime responsabilità.

Cambia quindi solo il luogo ma non le forme rispetto alla prestazione lavorativa svolta presso la sede dell’azienda.

 

 

Daniele Rocchi

© Riproduzione riservata

Sono un avvocato con competenze specifiche nel diritto del lavoro, recupero crediti e infortunistica. Mi sono laureato con lode presso la Facoltà di Giurisprudenza di Pisa e ho accumulato esperienza attraverso il contenzioso in vari Tribunali nazionali. Mi sono specializzato nel diritto del lavoro, risolvendo numerose controversie tra datori di lavoro e lavoratori, anche in collaborazione con associazioni sindacali. Ho maturato esperienza nel recupero crediti, assistendo singoli privati, professionisti, piccole imprese e pubbliche amministrazioni. Offro assistenza specialistica e risposte personalizzate alle esigenze dei miei clienti, con particolare attenzione alla revisione e stesura di contratti e all'infortunistica stradale.
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